Ogni attività che l’uomo fa, ha un senso, uno scopo, un obiettivo da raggiungere. La scuola è fatta per “educare”. In ogni momento, nell’edificio che la ospita, quelli che vi si trovano, anche temporaneamente, hanno l’opportunità di “essere modelli” e quindi di “insegnare” ai più giovani, (attraverso i linguaggi verbali e non verbali, la loro cultura e i loro valori, i loro usi e la loro lingua, il loro modo di essere e di relazionarsi con gli altri) il loro sapere, le loro competenze, la loro “umanità”.
L’ambiente, la “polis”, il territorio, educano e l’IPIA “Ferrari” è impegnata ad agire in essi, perché il meglio di ciò che viene dall’esterno, agisca positivamente sulle nuove generazioni e contrasti attivamente il peggio, che cancella la speranza e le prospettive di crescita e di realizzazione futura degli allievi.
La missione, qui illustrata, è chiara a chi quotidianamente nell’IPIA “Ferrari”, con fatica e gioia, con sofferenza e speranza, con pazienza e rabbia, con sobrietà ed esuberanza, con determinazione e trepidazione, con certezze e dubbi, con ideali e disillusioni, con pragmatismo e con fantasia, con meticolosità e leggerezza, con la mente e col cuore, con la forza e la fragilità, ma sempre con dignità e coscienza, con impegno e passione, con amore e professionalità, trova tra le tante difficoltà giornaliere, il sentiero da percorrere con i nostri giovani per portarli alla “bocca di porto” dal quale la “navicella” di ognuno di loro prenderà il “largo e solcherà la rotta” che avranno imparato a tracciare e a seguire.
Adoperando la metafora della “navicella dell’essere”, per parlare della missione della nostra scuola, verso i giovani, è possibile esprimersi così:
1) Mostriamo sempre loro “gli astri e le stelle” (che sono i valori), scritti nelle nostre Carte Costituzionali (Italiana ed Europea) e facciamo in modo che li riconoscano e che “li facciano propri” usandoli, diventando così Cittadini attivi;
2) Diamo loro le competenze relazionali per costruirsi “le cime” che li possano far “ancorare”, “ormeggiare” “abbordare” e “navigare” con gli altri;
3) Potenziamo con il “grasso” dei saperi e i “raggi” delle abilità, il loro “timone” (che è l’intelligenza);
4) Li abituiamo alla cura del “fasciame” (che è il loro corpo), affinando le tecniche di esercizio e il “gusto estetico”;
5) Si esercitano a costruire e ad usare “la radio e il radar” (che sono: la professionalità e il sapersi relazionare, anche in modo critico, con la realtà locale e mondiale) per poter “navigare” consapevolmente e in sicurezza;
6) Imparano a riflettere su i “colpi di vento” (che sono le loro emozioni), le “tempeste” (che sono le loro passioni) e le “brezze” (che sono i loro sentimenti), e si esercitano a disporre le “vele” (che sono la loro sensibilità) per accogliere questi venti, senza rischiare “rotture” o “strappi”, favorendo invece la “navigazione” sulla “rotta” stabilita;
7) Imparano a distribuire nella “stiva” il “carico - bagaglio” (che è il loro e il nostro passato), facendo in modo che stabilizzi la navicella e non diventi “zavorra inutile” di cui disfarsi;
8) Usano il “sestante” delle conoscenze, il compasso, la riga, la squadra e l’anemometro delle competenze per fare il “punto” tracciare la “rotta” (che il cuore suggerisce), che li porterà ad essere il meglio di ciò che “in nuce” già sono;
9) Comprendono che il lavoro sulla loro navicella è continuo e quotidiano, che nel “porto” della scuola fanno le ultime “esercitazioni” prima di navigare nel “mare aperto” della vita, che il continuo impegno, la “manutenzione durante la navigazione” e “l’aggottare” li terrà “a galla”;
10) Partecipando al lavoro comune: capiscono che sulla “nave scuola” ognuno ha un compito vitale da svolgere per se stesso e per tutti gli altri, che seppur diversi, (per ruoli, competenze e funzioni) insieme si sta a galla e insieme si va a fondo, che è possibile fidarsi degli altri e perfino esultare per il successo dell’altro, provano che chi cerca di sottrarsi ai compiti assegnatigli, danneggia per primo se stesso;
Per “insegnare”, cioè lasciare i “segni” prima indicati, la nostra “comunità educante”, individualmente e collettivamente:
1) Si fa carico di tutti e di ciascuno prestando l’attenzione e l’ascolto necessari:
a) per non escludere nessuno e non agisce sul pregiudizio, ritenendo la diversità una ricchezza per tutti e agendo per favorire la convivenza;
b) per rispettare ed attendere i tempi di tutti: è attenta, ospitale, paziente, sobria, esuberante, generosa, passionale, sincera fino alla rudezza;
c) per lavorare con tutti quelli che sul territorio condividono le sue mete;
2) Crede che l’educazione abbia il suo fondamento sulla fiducia nell’altro (sia in chi educa che in chi deve essere educato), pertanto non “indaga”, ma ricerca bisogni, motivi e ragioni; non è pronta ad accusare, ma piuttosto a scusare; non “gode” dell’insuccesso dell’altro, ma interviene per evitarlo; non attende che l’altro si “muova”, ma va a “smuoverlo”; non ricerca il silenzio delle caserme, delle carceri e dei cimiteri, ma vuole ascoltare il “rumore” dell’operosità;
3) Crede che ogni uomo abbia in se stesso potenzialità inespresse da trovare per il bene della società. Crede che la nostra scuola sia il luogo dove sia possibile “imparare a imparare”.Crede che i “Talenti” di ciascun allievo debbano essere: scoperti, coltivati e potenziati nella scuola. Crede che in questo lavoro educativo siano nascoste “la chiave e la formula” capaci di migliorare il mondo;
4) Si è data gli strumenti perché tutti possano partecipare e la partecipazione non avvenga necessariamente in risposta ad un invito, la partecipazione è un diritto ed un dovere;
5) In essa ciascuno (chi educa e chi apprende) “è in cammino” e agisce nell’interesse dell’altro perché sa che se tutti gli altri stanno bene, allora anche lui starà nel migliore dei modi;
6) Come comunità siamo radicati nel passato della nostra terra, perché sappiamo di poter trovare in esso gli “alimenti” che consentiranno ai nostri giovani di costruire un futuro migliore del presente; perciò studiamo, scaviamo e cerchiamo, tra “gli uomini” e “le pietre”, tra le parole e le immagini, tra il “mare” delle gemme e la “montagna” delle vergogne, le strade giuste evitando quelle rovinose;
7) Arricchisce di conoscenze, abilità e competenze professionali gli allievi, facendo loro acquisire l’etica del lavoro, affinché come uomini, tecnici e cittadini, possano realizzare pienamente se stessi durante tutta la loro esistenza;
8) In essa ciascuno ha un sogno di vita (positivo per tutti) da realizzare, e insieme cerchiamo con tutte le nostre forze di concretizzarli insieme, armonizzandoli (evitando i conflitti che possano annichilirli scambievolmente), perciò abbiamo scritto un progetto che li accoglie armoniosamente tutti, che arricchiamo continuamente col contributo di tutti.
In sintesi: scoviamo e coltiviamo, quotidianamente, i talenti degli allievi, alimentandoli con il sapere passato, per edificare un futuro migliore.
Il Dirigente scolastico
(Prof. Giuseppe Pecoraro)
L’ambiente, la “polis”, il territorio, educano e l’IPIA “Ferrari” è impegnata ad agire in essi, perché il meglio di ciò che viene dall’esterno, agisca positivamente sulle nuove generazioni e contrasti attivamente il peggio, che cancella la speranza e le prospettive di crescita e di realizzazione futura degli allievi.
La missione, qui illustrata, è chiara a chi quotidianamente nell’IPIA “Ferrari”, con fatica e gioia, con sofferenza e speranza, con pazienza e rabbia, con sobrietà ed esuberanza, con determinazione e trepidazione, con certezze e dubbi, con ideali e disillusioni, con pragmatismo e con fantasia, con meticolosità e leggerezza, con la mente e col cuore, con la forza e la fragilità, ma sempre con dignità e coscienza, con impegno e passione, con amore e professionalità, trova tra le tante difficoltà giornaliere, il sentiero da percorrere con i nostri giovani per portarli alla “bocca di porto” dal quale la “navicella” di ognuno di loro prenderà il “largo e solcherà la rotta” che avranno imparato a tracciare e a seguire.
Adoperando la metafora della “navicella dell’essere”, per parlare della missione della nostra scuola, verso i giovani, è possibile esprimersi così:
1) Mostriamo sempre loro “gli astri e le stelle” (che sono i valori), scritti nelle nostre Carte Costituzionali (Italiana ed Europea) e facciamo in modo che li riconoscano e che “li facciano propri” usandoli, diventando così Cittadini attivi;
2) Diamo loro le competenze relazionali per costruirsi “le cime” che li possano far “ancorare”, “ormeggiare” “abbordare” e “navigare” con gli altri;
3) Potenziamo con il “grasso” dei saperi e i “raggi” delle abilità, il loro “timone” (che è l’intelligenza);
4) Li abituiamo alla cura del “fasciame” (che è il loro corpo), affinando le tecniche di esercizio e il “gusto estetico”;
5) Si esercitano a costruire e ad usare “la radio e il radar” (che sono: la professionalità e il sapersi relazionare, anche in modo critico, con la realtà locale e mondiale) per poter “navigare” consapevolmente e in sicurezza;
6) Imparano a riflettere su i “colpi di vento” (che sono le loro emozioni), le “tempeste” (che sono le loro passioni) e le “brezze” (che sono i loro sentimenti), e si esercitano a disporre le “vele” (che sono la loro sensibilità) per accogliere questi venti, senza rischiare “rotture” o “strappi”, favorendo invece la “navigazione” sulla “rotta” stabilita;
7) Imparano a distribuire nella “stiva” il “carico - bagaglio” (che è il loro e il nostro passato), facendo in modo che stabilizzi la navicella e non diventi “zavorra inutile” di cui disfarsi;
8) Usano il “sestante” delle conoscenze, il compasso, la riga, la squadra e l’anemometro delle competenze per fare il “punto” tracciare la “rotta” (che il cuore suggerisce), che li porterà ad essere il meglio di ciò che “in nuce” già sono;
9) Comprendono che il lavoro sulla loro navicella è continuo e quotidiano, che nel “porto” della scuola fanno le ultime “esercitazioni” prima di navigare nel “mare aperto” della vita, che il continuo impegno, la “manutenzione durante la navigazione” e “l’aggottare” li terrà “a galla”;
10) Partecipando al lavoro comune: capiscono che sulla “nave scuola” ognuno ha un compito vitale da svolgere per se stesso e per tutti gli altri, che seppur diversi, (per ruoli, competenze e funzioni) insieme si sta a galla e insieme si va a fondo, che è possibile fidarsi degli altri e perfino esultare per il successo dell’altro, provano che chi cerca di sottrarsi ai compiti assegnatigli, danneggia per primo se stesso;
Per “insegnare”, cioè lasciare i “segni” prima indicati, la nostra “comunità educante”, individualmente e collettivamente:
1) Si fa carico di tutti e di ciascuno prestando l’attenzione e l’ascolto necessari:
a) per non escludere nessuno e non agisce sul pregiudizio, ritenendo la diversità una ricchezza per tutti e agendo per favorire la convivenza;
b) per rispettare ed attendere i tempi di tutti: è attenta, ospitale, paziente, sobria, esuberante, generosa, passionale, sincera fino alla rudezza;
c) per lavorare con tutti quelli che sul territorio condividono le sue mete;
2) Crede che l’educazione abbia il suo fondamento sulla fiducia nell’altro (sia in chi educa che in chi deve essere educato), pertanto non “indaga”, ma ricerca bisogni, motivi e ragioni; non è pronta ad accusare, ma piuttosto a scusare; non “gode” dell’insuccesso dell’altro, ma interviene per evitarlo; non attende che l’altro si “muova”, ma va a “smuoverlo”; non ricerca il silenzio delle caserme, delle carceri e dei cimiteri, ma vuole ascoltare il “rumore” dell’operosità;
3) Crede che ogni uomo abbia in se stesso potenzialità inespresse da trovare per il bene della società. Crede che la nostra scuola sia il luogo dove sia possibile “imparare a imparare”.Crede che i “Talenti” di ciascun allievo debbano essere: scoperti, coltivati e potenziati nella scuola. Crede che in questo lavoro educativo siano nascoste “la chiave e la formula” capaci di migliorare il mondo;
4) Si è data gli strumenti perché tutti possano partecipare e la partecipazione non avvenga necessariamente in risposta ad un invito, la partecipazione è un diritto ed un dovere;
5) In essa ciascuno (chi educa e chi apprende) “è in cammino” e agisce nell’interesse dell’altro perché sa che se tutti gli altri stanno bene, allora anche lui starà nel migliore dei modi;
6) Come comunità siamo radicati nel passato della nostra terra, perché sappiamo di poter trovare in esso gli “alimenti” che consentiranno ai nostri giovani di costruire un futuro migliore del presente; perciò studiamo, scaviamo e cerchiamo, tra “gli uomini” e “le pietre”, tra le parole e le immagini, tra il “mare” delle gemme e la “montagna” delle vergogne, le strade giuste evitando quelle rovinose;
7) Arricchisce di conoscenze, abilità e competenze professionali gli allievi, facendo loro acquisire l’etica del lavoro, affinché come uomini, tecnici e cittadini, possano realizzare pienamente se stessi durante tutta la loro esistenza;
8) In essa ciascuno ha un sogno di vita (positivo per tutti) da realizzare, e insieme cerchiamo con tutte le nostre forze di concretizzarli insieme, armonizzandoli (evitando i conflitti che possano annichilirli scambievolmente), perciò abbiamo scritto un progetto che li accoglie armoniosamente tutti, che arricchiamo continuamente col contributo di tutti.
In sintesi: scoviamo e coltiviamo, quotidianamente, i talenti degli allievi, alimentandoli con il sapere passato, per edificare un futuro migliore.
Il Dirigente scolastico
(Prof. Giuseppe Pecoraro)